Nel suo nuovo romanzo Carla Magnani mette il pubblico di fronte alla paura di vivere e di controllare le proprie scelte che ingabbia sempre più individui nella società contemporanea. Attraverso la tecnica dell’introspezione, la trama de “L’ombra del vero” Le Mezzelane Editore si dipana fra interrogativi esistenziali e colpi di scena.

“Il mio cammino è iniziato con il terrore della morte per giungere alla conclusione opposta: temere la vita.”

Stabilire la data, con estrema lucidità, e programmare le modalità della propria fine per una affermata e brillante manager quarantaduenne, felicemente sposata e madre di due figli, può apparire una decisione assurda. Ed è proprio l’assurdo, quel senso di vuoto quando si coglie la mancanza di razionalità nel mondo, quella sensazione di nausea che Sartre ha saputo così drammaticamente descrivere, che irrompe nella vita di ognuno di noi, nella più ordinaria quotidianità che ci spinge a domandarci, come dice nel suo celebre saggio Il mito di Sisifo lo scrittore e filosofo Albert Camus:

“Giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta.”

Come rispondere a tale quesito filosofico? Sisifo, uomo che paga la sua furbizia per aver sfidato gli dei con una eterna condanna, ossia spingere un masso dalla base alla cima di un monte, farlo precipitare e poi raccoglierlo in continuazione ripetendo la fatica è, secondo l’autore francese, l’uomo che sopporta l’assurdità della vita, con coscienza e, attraverso la rivolta, trova un senso all’esistere. Scegliere di togliersi la vita è un atto di resa di fronte all’assurdo, accettarlo con coscienza, sopportandolo, è un atto di coraggio.

Un grande interrogativo

Decisione di viltà o di libertà per un fine più grande, azione immorale o mera illusione, la dicotomia su cui hanno dibattuto filosofi e letterati nei secoli sul tema del suicidio è alla base della scelta della protagonista de “L’ombra del vero” pubblicato da Le Mezzelane dell’autrice Carla Magnani. Quella che si profilava come la stanchezza di vivere, il mal du siècle nell’Ottocento, che spingeva sovente gli intellettuali a togliersi la vita, appariva da un lato una scelta razionale sul piano soggettivo, ma ingiusta sul piano collettivo. Ed è proprio attorno a questa visione leopardiana che Carla Magnani tesse la trama del suo nuovo romanzo. “Sbaglia chi pensa che si arrivi al suicidio in una fase di irrazionalità, di scelta radicale vissuta in assenza di autocontrollo.” dice la protagonista.

Dinanzi alle curve della vita Anastasia cede lanciandosi, fuor di metafora, con la sua auto da un tornante.

“È stata la cognizione della sofferenza altrui, quest’ultima invano mascherata dal bisogno di sopraffarla, che mi ha fatto conoscere il dolore perfetto. Vorace, mai sazio, si nutre di perdite, lontananze, rimpianti e sensi di colpa. Inutile voltarsi, è al mio fianco e mi accompagna fedele, instancabile, lungo tutto il cammino.”

L’ombra sinistra della morte aleggia su di lei sin dall’infanzia, così negli anni Anastasia cresce nella convinzione di essere fonte di dolore per gli altri. Le cicatrici che si porta sul cuore si riaprono ogni volta bruciando attraverso feroci e inespressi attacchi di panico, quelli che oggi paralizzano una fetta sempre più larga di individui alle prese con l’ansia di non riuscire a controllare le proprie fobie. Stanca e incapace di controllare queste emozioni con se stessa mentre all’esterno appare una donna tutto d’un pezzo, Anastasia rappresenta l’individuo contemporaneo, lacerato internamente dalla volontà, contrapposta a una oscura e inspiegabile inerzia.

“Con il tempo questo dolore si è arricchito di paura; paura del dolore, della paura stessa, mi ha avvicinato alla fuga, quella definitiva, senza ritorno. È così che ho preso confidenza con la morte. Ho iniziato a considerarla una risorsa, la mano tesa di un’amica pronta a darmi sollievo. Sembra incredibile, pazzesco, da mente malata. Ne sono consapevole. Io stessa inorridisco considerando quello che sono diventata. Lo so.”

L’incontro con la Morte per Anastasia, così meticolosamente organizzato, si rivelerà inaspettato. L’oscura signora con la falce le gioca uno scherzo che le costerà lunghi giorni di riflessioni rinchiusa nell’involucro inerme che sarà il suo corpo in un letto di ospedale.

“Sono qui, prigioniera del mio corpo. Le parole, le grida, persino le bestemmie si fermano nella testa senza poter raggiungere le corde vocali e mi costringono a un silenzio forzato ricco di voci interiori con me unica destinataria.”

L’abisso perscrutabile

Anastasia precipita nel suo Ade, mondo infero fatto di sofferenze che la sua condizione impone alle persone a lei care che si alternano al suo capezzale come tante ombre che cominciano a confessarsi senza remore su segreti insospettabili, fino a nauseare la stessa protagonista che a ogni rivelazione conferma l’assurdità dell’esistenza e anela a spegnersi quanto prima.

La fede cristiana in cui sua madre si rifugia sin da quando Anastasia è bambina, quella fede che da piccola l’ha allontanata dall’affetto materno, non basta a far risvegliare la figlia; le parole amorevoli e la crescente preoccupazione del marito per le reazioni dei figli, non servono a infondere coraggio ad Anastasia nel suo stato di semi-incoscienza; l’arrivo fugace di sua sorella, apparentemente antitetica ad Anastasia, l’unica in grado di smascherare, non creduta, l’atto della donna in coma, rivela un altro modus vivendi estremo, quello cioè della fuga dalle responsabilità, dal timore del confronto con la vita nonostante i suoi interminabili sforzi di farsi notare da tutti. Tuttavia, un barlume di speranza appare dal buio nella figura dell’amorevole ed empatico medico che la assiste, Silvano, figlio ideale che ancora crede nei buoni sentimenti e nel valore dell’umiltà.

“L’ombra del vero” di Carla Magnani – Le Mezzelane Editore – 2019

Attraverso la tecnica del flusso di coscienza, l’autrice conduce nel torbido labirinto degli asfissianti pensieri della protagonista, che dal suo stato di coma in realtà sente e comprende tutto intorno a sé e ciò è fonte di grande angoscia che la fa precipitare ora nella misericordia verso se stessa ora nello sconforto più totale per l’atto commesso.

“Questa pena segreta sarà per sempre mia compagna, la sconfitta senza opportunità di rivincita, l’inutile tentativo di chiudere il cerchio della vita che ci impone la nascita senza lasciarci il come e il quando della fine.”

Per mantenere vigile l’attenzione, la donna inventa un gioco: attribuire a ogni lettera dell’alfabeto una o più parole a cui associare riflessioni o ricordi.

“Lettera S. Solitudine – Silenzio (…). A quanti constatare di essere soli procura angoscia. Vivere l’abbandono quasi come una colpa, trovarsi immersi nella folla e vedersi il vuoto attorno o, peggio ancora, dentro. La solitudine sentita come spauracchio, maledizione, o adoperata come risorsa, fuga alla ricerca di una propria identità, complice il silenzio. Nessuna voce, nessun rumore a distrarci. Un monologare in cerca di risposte e giustificazioni non sempre facili da accettare.”

Il lettore scopre così la realtà che ha circondato Anastasia fino a quel momento: una intraprendenza e al contempo una profonda sensibilità che l’hanno sempre resa agli occhi altrui una personalità forte e decisa, una sconosciuta dinanzi all’immagine del suo corpo immobile in un letto di ospedale. Nella sua illogica condizione, la protagonista scoprirà la libertà di dedicarsi a se stessa attraverso il pensiero, guardandosi finalmente allo specchio come non ha fatto mai.

Perchè leggere il romanzo

Un’analisi introspettiva, sottile e arguta, a tratti angosciante, quella che Carla Magnani offre ai suoi lettori, che presuppone un lavoro di ricerca clinico-psicologica e conferma una abilità tecnica narrativa nel saper guidare il suo pubblico nell’incubo della protagonista, fino a disorientarlo nel finale inaspettato.

Dopo il romanzo di esordio “Acuto” edito da Gilgamesh, Carla Magnani consegna ai suoi lettori una nuova storia di interrogativi esistenziali. Se nel primo si affrontava il tema della paura sulla responsabilità delle scelte nel turbolento ‘68 in Italia, questa volta la protagonista è una adulta alle prese con il timore di vivere. Lo stile dell’autrice si rivela più maturo, il monologo interiore utilizzato consente di scavare con maggiore efficacia nella psicologia dei personaggi, facendo emergere un’umanità incrinata da incertezze e inquietudini, talvolta inspiegabili, talmente radicati che rischiano di condurre verso mete sbagliate, con atteggiamenti negativi e passivi, impedendo alla coscienza di scorgere ogni giorno nuove speranze, forti motivazioni a non arrendersi di fronte all’assurdità della vita, ma riconoscendo i propri limiti, perché, come direbbe sempre Camus:

“Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice.”

L’autrice Carla Magnani, ex insegnante, ha pubblicato nel 2015 per Gilgamesh Editore il romanzo “Acuto” e un suo racconto fa parte dell’antologia “Noi e il Sessantotto” Macchione Editore – 2018.