“Con lei hanno vinto tutte le donne” è la frase che Sara Durantini ha voluto dedicare alla vittoria del Premio Nobel per la Letteratura 2022, conferito alla scrittrice e attivista francese Annie Ernaux. Un riconoscimento che ha fatto esultare un pubblico femminile da sempre impegnato nella rivendicazione dei diritti, specie in un momento storico in cui il dominio maschile continua a insinuarsi nelle vite delle donne e a violarle. La rivendicazione di un Io ancora sconosciuto per molte donne che, attraverso la potenza della scrittura autobiografica, imparano a conoscere la realtà.

Sara Durantini, da anni appassionata della scrittura di Annie Ernaux, durante la proclamazione del Nobel era impegnata nella conclusione di un libro a lei dedicato, risultato di una lunga e approfondita indagine, uscito per Edizioni Dei Merangoli nel novembre 2022, dal titolo “Annie Ernaux. Ritratto di una vita.”

Nell’intervista che segue, Mi libro in volo ha voluto sondare il legame tra vita e scrittura di Annie Ernaux, e quello fra Sara Durantini e la scrittura femminile.

Ciao Sara, sono davvero lieta di ospitarti nello spazio di Mi libro in volo dedicato alle interviste agli autori. Quando ho letto per la prima volta che presto Dei Merangoli Editori avrebbe pubblicato un tuo libro sulla biografia di Annie Ernaux, ho iniziato a seguire con interesse la campagna social e, una volta acquistato il libro, l’ho divorato in una sera, travolta dall’atto alchemico che fonde gli eventi personali della scrittrice alle sue opere. In “Annie Ernaux. Ritratto di una vita” racconti del tuo primo incontro con la scrittrice, fino a quello avvenuto di persona, nella sua casa a Cergy, un anno prima dell’uscita della biografia che le hai dedicato. Ci parli un po’ di come si è trasformato il tuo legame con Annie Ernaux nel lasso temporale che separa i due incontri?

«Intanto grazie per le tue parole sul mio libro. L’incontro con Annie Ernaux inizia una ventina d’anni fa ed è un incontro attraverso le parole. All’epoca in Italia si trovavano pochissimi libri tradotti, Passione semplice e Non sono più uscita dalla mia notte. Quest’ultimo è stato il primo che ho letto. La forza della sua voce, la rabbia con la quale ha scritto, senza risparmiarsi, l’impeto ma anche la violenza mi hanno scossa, mi hanno trascinata dentro un dolore, quello raccontato da Ernaux per la malattia della madre, che la stessa scrittrice tentava di circoscrivere in un recinto semantico. La sua voce usciva dal canone tradizionale che, tanto all’università così come nel mondo editoriale entro il quale stavo muovendo i primi passi, veniva suggerito a noi giovani studentesse e studenti di lettere. Le mie letture indipendenti, negli anni precedenti, erano già state influenzate dalla parola di Colette e, più tardi, Marguerite Duras. Tre donne che ho portato dentro di me per la tenacia, il temperamento, per quell’intreccio tra vita e letteratura, per quell’inclinazione verso la scrittura che le ha portate a trasformare la propria vita in un’opera, a fare di se stesse quello che Annie Ernaux chiamerà “un corpo letterario” inaugurando una lingua nuova, un alfabeto che prima non esisteva, rinnovando il patto autobiografico e reinventando lo stesso genere. Nel tempo il mio rapporto con la scrittura di Annie Ernaux è diventato più profondo. Leggendo i suoi libri ho “riconosciuto” aspetti della sua vita, li sentivo miei. Quando racconta dell’appartenenza al mondo dei “dominati”, di quel groviglio di emozioni che l’hanno portata a sentirsi un “disertore di classe”, quando parla di quello che ha provato, nel tempo, per aver percorso una strada diversa e distante dal mondo al quale apparteneva, una strada che l’ha portata, prima con gli studi e l’insegnamento poi con il matrimonio, a passare nel “mondo del dominanti”, ecco che in questi racconti rivedo qualcosa di molto personale, qualcosa che appartiene alla mia storia. Conoscere Annie Ernaux un anno prima dell’assegnazione del Nobel, iniziare un rapporto epistolare (che prosegue tuttora) e incontrarla a casa sua, mi ha dato la possibilità di capire più a fondo quello che lei ha rappresentato (e rappresenta) per molte donne e questa comprensione ha assunto ancora più valore, ai miei occhi, poiché è avvenuta a casa sua, in quello che è diventato il suo mondo.»

Annie Ernaux. Nobel per la Letteratura 2022
Annie Ernaux , Premio Nobel Letteratura 2022, alla consegna del prestigioso riconoscimento a Stoccolma.

Cosa ha significato per te mettersi sui passi di Annie Ernaux, percorrere la strada che porta a casa sua e, infine, sentirsi accolta nel suo ambiente domestico?

«Ha significato prima di tutto immergersi nella sua storia leggendo non solo i suoi libri ma anche molta produzione saggistica francese e inglese, comprese molte interviste che, negli anni, le sono state fatte soprattutto all’estero. La conoscenza di Annie Ernaux in Italia è tuttora molto approssimativa così come è assente una produzione critica su di lei. Il lavoro di traduzione fatto a partire da una decina d’anni a questa parte non ha prodotto un corpus critico sulla sua scrittura e sul suo modo di fare autobiografia. Quello che esce in Italia ad ogni traduzione di un suo libro sono recensioni e, talvolta, articoli di approfondimenti, poco per farsi un’idea. Per non parlare di molti libri che ancora devono essere tradotti (L’Atelier noir, Retour à Yvetot, L’Occupation, L’Usage de la photo, Se perdre…). Se da un lato la lettura e l’approfondimento mi hanno dato la possibilità di conoscere l’opera creata da Annie Ernaux, la sua auto-socio-biografia, dall’altro sentivo che dovevo incontrarla, dovevo entrare nel suo mondo non solo attraverso le parole. E così ho fatto.»

Sei una appassionata dell’autobiografia femminile, un genere, come spieghi nel tuo saggio “L’evento della scrittura femminile” edito da 13Lab nel 2021, che accomuna molte scrittrici del Novecento francese per l’urgenza di tirar fuori, attraverso la parola scritta, la loro voce in un mondo che non l’ascolta e la mette a tacere. La scrittura, per loro, diventa l’unico mezzo per intraprendere un percorso dai risvolti storico-sociali, che porta alla consapevolezza di certe dinamiche esterne che emergono, come una epifania, proprio attraverso il loro racconto personale. Come arriva a tale verità Annie Ernaux in questo saggio?

«L’urgenza che lei avverte intorno ai vent’anni si trasforma nel tempo diventando sempre di più consapevole di quello che può fare e che può diventare la parola scritta (più tardi dirà, una parola politica, un’arma da combattimento). Per rispondere cito una sua frase che riassume tutto ciò: “le cose mi sono accadute perché potessi renderne conto. E forse il vero scopo della mia vita è soltanto questo: che il mio corpo, le mie sensazioni, i miei pensieri diventino scrittura (…), la mia esistenza completamente dissolta nella vita e nella testa degli altri”.»

L'evento della scrittura. Sull'autobiografia femminile in Colette, Marguerite Duras, Annie Ernaux
L’evento della scrittura. Sull’autobiografia femminile in Colette, Marguerite Duras, Annie Ernaux di Sara Duranti. Lab 13 Milano, 2021.

Quale ruolo ha invece per te oggi la scrittura femminile? È cambiata, secondo te, la sua funzione rivelatrice, a un secolo di distanza?

«È una domanda complessa poiché dovrei rispondere non solo pensando alla mia personale opinione ma anche a come è cambiata l’editoria italiana negli ultimi dieci/quindici anni e a quello a cui viene sottoposta la scrittura (soprattutto femminile) in vista della pubblicazione di un libro. Mi limiterò a dire che la scrittura femminile deve conservare quella forza politica e sovversiva di cui parlava anche Grace Paley, purtroppo oggi viene spesso svuotata a scapito di una continua spettacolarizzazione che guarda più alla moda del momento che non al vero significato della parola stessa. Pertanto, assistiamo a gesti e affermazioni che invece di rappresentare e indirizzare verso il confronto tra i sessi acuiscono proprio quella visione maschile del mondo femminile che tanto si è cercato di combattere.»

Passiamo adesso allo stile di Annie Ernaux. La sua è una scrittura fotografica e piatta, come lei stessa l’ha definita. Quando racconta gli eventi, Ernaux scrive in maniera cruda e diretta, fino a scandalizzare la società, come avviene con il tema dell’aborto clandestino nel lungo racconto L’evento. Le sue parole sembrano proprio correre sul filo del rasoio, fra denuncia e pericolo. L’autrice stessa ha parlato di scrittura come un coltello. Ci spieghi come questa analogia si concretizza nelle sue opere?

«Nel mio libro ho dedicato ampio spazio alla scrittura di Annie Ernaux e durante il nostro incontro ne abbiamo parlato in modo approfondito. Le sue dichiarazioni sono state poi raccolte nell’intervista che occupa un intero capitolo del libro. La sua lingua è una lingua fotografica (le rivolgo una domanda specifica a questo proposito), ma anche una lingua sociologica nel senso che, a partire da Il Posto, analizza il suo mondo di provenienza e quello nel quale è approdata sulla base delle strutture di Pierre Bourdieu. Nell’usare una “voce bianca (non ancora una scrittura piatta”), Annie Ernaux tenta di avvicinarsi, il più possibile, all’osservazione etnologica di quella distanza tra lei e i genitori, tra lei e il padre, quella distanza che ad oggi la fa sentire “un disertore”. Ecco, quindi, che la scrittura affonda come un coltello nella sua storia e in quella collettiva (come ho avuto modo di raccontare sopra).»

Annie Ernaux. Ritratto di una vita di Sara DurantiniC’è una particolare espressione, icastica, che Annie Ernaux utilizza in L’evento: “diventare un corpo letterario”. Cosa significa?

«Credo, senza volere, di aver anticipato la domanda. Lo dico qualche risposta sopra ma in ogni caso aggiungo, partendo sempre da quello che Annie Ernaux scrive nell’urgenza, una continua tensione, un continuo corpo a corpo con la scrittura come rivela nel suo Atelier noir: “C’è qualcosa di pericoloso, anche immodesto, nel rivelare così le tracce di un corpo a corpo con la scrittura”. Annie Ernaux è questa donna, questa scrittrice che sente la scrittura come un fatto personale e collettivo al tempo stesso e come una questione di “tracce” materiche, qualcosa che ha a che vedere fortemente con il corpo, con l’esteriorizzazione e l’esposizione.»

Il posto di Annie Ernaux - L'Orma EditoreNel trasporre su carta gli eventi personali più intimi in maniera cruda e diretta, senza orpelli o intenti didascalici, la scrittura di Ernaux viene definita chirurgica, quasi asettica, al punto da essere considerata fredda e priva di lirismo. Cosa rispondi ai lettori che la pensano così?

«La lingua di Annie Ernaux è una lingua chirurgica, etnologica, sociologica che osserva e cataloga la realtà servendosi dell’alienazione e della distanza. É un procedimento linguistico e narrativo che spiega nel suo diario L’atelier Noir, il suo “journal d’écriture”. Questo non significa che non vi sia partecipazione emotiva. Al contrario. Proprio questo suo modo di scrivere che non perde mai di vista la verità dello scritto e il lettore che leggerà, è un procedimento che, come ho avuto modo di scrivere molto tempo fa, permette ad Annie Ernaux di collocare l’io in una posizione secondaria e non primaria, rintracciando negli altri il principio attraverso il quale riconoscere se stessa.»

Una donna di Annie Ernaux - L'Orma EditoreHai conosciuto Annie Ernaux per una folgorazione letteraria, leggendo, come racconti nel tuo libro, il romanzo Non sono più uscita dalla mia notte. Secondo la tua esperienza personale, è possibile consigliare una particolare opera dell’autrice con cui approcciarsi alla sua scrittura, e perché?

«Direi di partire da Il Posto e Una donna poiché attraverso questi due libri il suo stile subisce un mutamento diventando quell’auto-socio-biografia che oggi conosciamo. Tuttavia, si può partire anche da altri scritti di Annie Ernaux esplorando l’opera letteraria tra le più importanti del panorama contemporaneo.»

“Scrivo lentamente. Sforzandomi di far emergere la trama significativa di una vita da un insieme di fatti e di scelte, ho l’impressione di perdere, strada facendo, lo specifico profilo della figura di mio padre. L’ossatura tende a prendere il posto di tutto il resto, l’idea a correre da sola. Se al contrario lascio scivolare le immagini del ricordo, lo rivedo com’era, la sua risata.”
(Annie Ernaux – Il posto)

La recensione di Mi libro in volo a Annie Ernaux. Ritratto di una vita.