La boule de neige

Domizia Moramarco

Visse quella giornata nella certezza che qualcosa di straordinario le sarebbe accaduto. L’ultimo mese dell’anno era da poco iniziato e a Miriam era stato imposto di consumare le settimane di ferie prima dell’arrivo del Natale. Si era dedicata, così, alle faccende domestiche con consueta abitudinarietà, mentre una voce dal profondo le sussurrava che quello sarebbe stato il giorno. La sua vita non era mai stata sconvolta da eventi clamorosi, o forse Miriam evitava di incorrervi, dato che si ostinava a definire la sua esistenza “un mare piatto”, consapevole che sotto quella lastra, indurita e trasparente, si annidava un popolo di creature selvagge, di cui lei aveva paura. Non voleva affacciarsi a guardare, nel timore di venire risucchiata in quel mondo sconosciuto. A volte, in punta di piedi, ne sfiorava la superficie, per poi ritrarsi, rapidamente. Lo aveva fatto anche quando il ragazzo timido dagli occhi verdi della libreria le si era avvicinato, chiedendole di uscire assieme.

Si erano visti una sera, lui l’aveva portata al cinema e si erano seduti nelle file più lontane dal grande schermo, in un angolo buio dove potevano contare le ombre davanti a loro, disegnandone i contorni con le dita. All’improvviso, il ragazzo le aveva posato la mano sulla sua. Lei lo aveva lasciato fare, mentre un piccolo pesce rosso si era improvvisamente affacciato dalla lastra, creando una crepa che le aveva fatto sussultare il cuore, come nessuno mai era riuscito fino ad allora. Quando poi, il sospiro del ragazzo si era fatto più intenso e, timidamente, aveva avvicinato le labbra alle sue fino a sfiorarle, Miriam aveva sentito uno schianto profondo su quella lastra e per un attimo le era sembrato di affogare. All’improvviso riemerse, aprì gli occhi e, di fronte a quelli chiusi del ragazzo, capì che non ce l’avrebbe fatta a salvarsi dalla minacciosa marea in arrivo. Così, si era alzata ed era fuggita via, correndo. Non seppe mai se il ragazzo l’avesse rincorsa, o meno. Si era nascosta nella toilette e ne era uscita solo poco prima che il cinema chiudesse i battenti.

Non frequentò più l’università, ma si cercò un lavoro su turni, optando per quello notturno. Scomparve, così, alla vista della città.

Quando di giorno tutti aprivano le finestre sulla loro vita, lei chiudeva le sue e si rannicchiava nel letto, sprofondando in un sonno infinito. E di notte apriva l’uscio per scappare furtivamente con la sua utilitaria sgangherata verso la fabbrica, a molti chilometri dal paese. Riponendo un tappeto dalla trama pesante sulla lastra sotto di lei, si era congedata per anni dalla vita.

Quella mattina, però, qualcosa si stava sgretolando sotto i suoi piedi, lo sentiva. A sera, guidata da un istinto da automa, afferrò dall’armadio il cappotto rosso che non indossava quasi mai e, chiusa la porta alle spalle, cominciò a percorrere il viale alberato che conduceva nel centro storico del paese. Stringendo il bavero sul collo, sfidò la piccola tormenta di neve che si era sollevata improvvisamente. Si smarrì e, colta da un inaspettato tremore, ripercorse un portico che aveva dimenticato esistesse, più e più volte.

D’improvviso, una fioca luce zampillò dal vetro di una vetrina. Miriam seguì quella piccola scia luminosa che la chiamava a sé. Giunta dinanzi al negozio, fu accecata da un bagliore improvviso. Coprendosi gli occhi con le mani, avvicinò il naso al vetro e allora la sentì ancora quella vocina profonda che l’aveva assillata per tutto il giorno.

“Sono qui – diceva – prendimi”.

E Miriam allungò la mano e il vetro si infranse.

Il mattino seguente, il corteo di nuvole che avevano offuscato il sole il giorno prima fece spazio a un sole regale che sciolse i rimasugli della neve caduta durante la notte. Era una domenica di dicembre che annunciava l’atmosfera natalizia e i primi acquirenti compulsivi si erano riversati per le vie del centro alla ricerca dei loro doni.

Una manina appiccicaticcia batté sul vetro di una vetrina e, lungo il portico, echeggiò una vocina stridente: “L’ho trovato mamma! Il mio regalo di Natale è qui!”

La donna che accompagnava la bambina spinse il suo braccio nascosto da un morbido manto di pelliccia verso la vetrina del negozio e esortò la figlia a entrare nel locale.

“Posso esservi utile?”, chiese il negoziante con tono gentile.

“Vorremmo acquistare una boule de neige” rispose la donna.

“Ve ne mostro qualcuna in particolare?”

“Sì, mia figlia ha scelto quella lì in alto” e così dicendo indicò la boule de neige posta al centro del robusto scaffale di legno, tra due bambole di porcellana dagli occhi verdi e le labbra dipinte di rosso.

Il negoziante si sollevò sulle punte e afferrò il gingillo, smuovendo fiocchi di una sottile polvere glitterata, mentre una fanciulla in miniatura, avvolta nel suo pesante cappotto rosso, rimase a testa in giù per alcuni secondi.