Breve riflessione sulla “Scrittura femminile”

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Scrittura femminile - Mi libro in volo

«Quando una donna si mette a scrivere un romanzo, scoprirà di voler costantemente alterare i valori stabiliti – rendere serio quel che appare insignificante a un uomo, e triviale quello che per lui è importante. E per questo, naturalmente, sarà criticata.»

A parlare così è Virginia Woolf nel 1929, in un passaggio che fa parte della raccolta dei suoi Saggi scritti fra il 1904 e il 1941, riuniti da Il Saggiatore, 2011 nell’edizione italiana “Voltando pagina. Saggi 1904-1941″.

Oggi, a un secolo di distanza, siamo ancora a discutere la questione e a domandarci se ha senso parlare di “scrittura femminile”. Perché è sull’aggettivo che più dobbiamo soffermarci. Perché la scrittura va differenziata per genere?

Storicamente le scrittrici donne appaiono sulla scena letteraria tardi, ma esse hanno sempre scritto. La loro produzione ha subito oscillazioni nelle varie epoche sottostando, il più delle volte, a un totale oblio. Ma tracce della loro presenza si riscontrano in quelli che, rifacendoci a Saffo, possiamo definire frammenti di scrittura, ovvero lettere, ricette di cucina, appunti di viaggi, opere spirituali, versi poetici. La loro voce si è insinuata come un sussurro perpetuo nella storia, che a tratti ha innalzato la sua frequenza (nel ‘600 con le Preziose in Francia prevale l’audacia nel voler asseverare la libertà alla vita sociale e nel ‘700 sono più le donne a scrivere rispetto agli uomini, i quali ricorrono a pseudonimi femminili per assicurarsi riconoscimento), per altri ha continuato a subire la negazione della sua autorialità, fino a volersi affermare mettendo in gioco il proprio vissuto in tutte le sue declinazioni.

Scrittura femminile - Mi libro in volo

«Le donne (…) sono il mio pianeta e la mia ricerca, il mio unico “partito” e forse, oltre all’amicizia, il mio unico scopo nella vita.» (Goliarda Sapienza)

Giungiamo così al ‘900, il secolo delle Suffragette, dei saggi di Virginia Woolf, verso la quale opera numerose autrici contemporanee hanno contratto un innegabile debito. Si comincia a scandagliare la peculiarità delle relazioni femminili, dell’identità che le contraddistingue. Perché per avere una voce bisognava pur parlare di quel sentire rimasto in silenzio per secoli. Numerose le pubblicazioni di diari e autobiografie che svelavano verità troppo a lungo soffocate all’interno del nido domestico (vedi “Una donna” di Sibilla Aleramo nel 1906 o “Quaderno proibito” di Alba de Céspedes nel 1950) o che scandalizzano per l’ostentazione di un vivere libero e autentico (vedi ”L’arte della gioia” di Goliarda Sapienza, romanzo riconosciuto in Italia solo nel 2008, a seguito delle traduzioni e successi esteri).

Il ‘900, come a confermare la ciclicità del fenomeno dell’oblio delle voci femminili, dopo la seconda metà ha censurato-sotterrato opere italiane che solo negli ultimi anni sono state ripubblicate, spesso in edizioni assai limitate. Autrici come Fabrizia Ramondino, Alba De Céspedes, Fausta Cialente, Anna Maria Ortese, Paola Masino, Milena Milani, Livia De Stefani, Laudomia Bonanni, Goliarda Sapienza sono rinate attraverso il lavoro di inesausta ricerca di scrittrici contemporanee.

Scrittura femminile - Mi libro in volo
Immagine dal web, sito: https://www.festivaletteratura.it/it/racconti/quattro-scrittrici-italiane-del-900

Da queste opere, credo, dobbiamo ripartire oggi per rivalutare l’importanza di una scrittura che nel tempo si tende a voler soffocare. Da opere in cui non si nascondono verità che talvolta appaiono insignificanti, come la vita casalinga, il pensiero che vi si insinua come l’espressione di un vissuto solo interiorizzato perché difficile da esprimere nel sociale. Perché le parole delle donne custodiscono il segreto del tempo, che passa fuori dalle case ma che si intrufola nelle pieghe del pensiero. Un pensiero che fluttua e si rincorre e che ha la sua dignità letteraria, come ci ha insegnato Virginia Woolf. Un pensiero che può amalgamarsi in sperimentazioni e contaminazioni narrative diegetiche.