Edito da Letteratura Alternativa Edizioni, “Il sogno finisce all’improvviso” del giornalista ternano Massimo Colonna è un libro che, attraverso la tematica della relazione padre-figlio, induce a riflettere sulla realtà di tutti i giorni che affrontiamo sempre più smarriti; un libro che parla al lettore con uno stile a tratti visionario, che rivela quanto del simbolismo mitico psicoanalitico c’è dietro a ogni legame familiare.
Mi è capito recentemente, durante la visita presso la pinacoteca del Palazzo della Pilotta a Parma, di soffermarmi nella visione di un dipinto dell’artista reggiano Antonio Allegri, meglio conosciuto come Correggio.

Si tratta di un quadro che ritrae la Sacra Famiglia, in cui, come riportato dal commento all’opera, la figura di San Giuseppe viene risaltata da uno sguardo attento e premuroso verso il figlio.

Ho subito pensato che in realtà ancora oggi si tende più facilmente ad associare occhi vigili verso la prole, più alla figura materna che a quella paterna.

Eppure oggi i padri sono più presenti nella vita dei propri figli, molti di essi si sostituiscono ai doveri materni in casa e nella vita sociale della famiglia.

Un giusto passo avanti (se così lo si vuole considerare) che va legittimamente riconosciuto.

Un padre, come una madre, sente il peso della responsabilità verso il proprio figlio; un padre, come una madre, prova sentimenti di paura e smarrimento; un padre, come una madre, si pone continuamente assillanti interrogativi sul suo ruolo di genitore.

Ecco che ho ripensato a un libro letto poche settimane prima, in cui la vicenda si snoda proprio attraverso l’indagine del rapporto Padre-Figlio.

Partendo da una drammatica vicenda familiare, la trama si allarga a una analisi socio-antropologica sempre più intrigante, seppure la narrazione resti pervasa da un terrificante dolore, quello dell’assenza che solo chi non riesce a comunicare può percepire.

La trama de “Il sogno finisce all’improvviso” è scarna, ma non per questo poco interessante: un uomo entra in una chiesa per parlare con un prete sul dolore-vaneggiamento per la morte del proprio figlio; l’ambientazione, teatrale, a tratti ricorda lo stile dell’assurdo di Ionesco e Beckett.

Le diverse versioni della verità sono non-verità

Nella storia che racconta il giornalista Colonna è possibile ravvisare lo spaccato della realtà contemporanea, in cui siamo, ormai, tutti ossessionati dal calcolo, maniaci del controllo.

Ma quando la realtà, proprio quella che si cerca dannatamente di tenere sotto continua verifica, ci sorprende, allora cadiamo nel baratro dell’ansia e del sospetto.

Cosa è andato perso, cosa abbiamo sbagliato, proprio noi artefici diretti delle nostre azioni?

Oggi viviamo in questa trappola dell’ispezione.

Quando tutto ci è dato sapere, quando tutti conosciamo tutto e tutti, allora teniamo ben tese le redini della nostra vita.

Non più sguardo all’insù verso il cielo, non più udito schiuso all’eco che rimanda la natura che ci circonda, non più mani realmente tese verso chi ci circonda. Siamo presenti, ma in realtà siamo tutti assenti, rapiti dai nostri continui e assillanti vagheggiamenti.

A volte arriviamo al punto di isolarci, pur avendo la rubrica del telefono intasata di numeri di cosiddetti amici, perché a volte quel troppo dolore che ci teniamo dentro sappiamo bene che rischia di distruggerci se lo tiriamo fuori.

Ma se non lo facciamo, allora rischiamo che il buio della notte ci ingoi, e allora sì che la luce del mattino, noi vigili sentinelle, rischieremmo di non vederla più sorgere per davvero.

Allora ecco che i sogni vengono in soccorso, proprio quando la realtà ci parla solo attraverso un linguaggio già tutto codificato.

I sogni che spesso non riusciamo a capire ci perseguitano, fino a quando non siamo pronti a percepire che vogliono solo dirci qualcosa, essendo ormai disabituati a cogliere segnali diversi da quella che crediamo essere ormai la nostra realtà.

Ed è in quel momento che riscopriamo il silenzio, come quello che c’è nell’antro sacro della navata in una chiesa.

Tutto quel silenzio disorienta i nostri sensi e nella guida che vuole ascoltarci facciamo fatica a riconoscere la scintilla di una speranza, noi che oggi non crediamo, incapaci di vedere e sentire realmente.

“La prego, non cerchi il Maligno in tutte le cose. C’è anche Gesù. Insomma, io glielo posso garantire” dice il prete alla moglie del protagonista.

Quel Dio che non riconosciamo più in tutte le cose non si è nascosto, resta sempre Padre-Creatore di tutte le cose che noi, con il nostro sguardo scientifico e indagatore, non vediamo più vive.

Siamo parte di mini-microcosmi in cui ci rifugiamo, incuranti di appartenere a un più elevato macrocosmo che ha da dirci tanto altro. Siamo piccole cellule solitarie in una moltitudine di voci e rumori.

La donna, smarrita nel delirio di cui suo marito è vittima, continua:

“Padre. La sua storia… vede… parte tutta dal suo rapporto con Dio.”

Il Padre risponde:

“Tutte le storie, mia cara, partono da Dio.”

Si parte dal padre, specie quando padre lo si diventa per davvero.

Essere guida, sostegno e riferimento è così disorientante.

Chi ci ha preceduto ci ha davvero lasciato la mappa per orientarci?

Confusi e spesso disadattati, i genitori di oggi arrancano al buio e i dubbi diventano macigni.

Ma non per questo tutti i padri vanno puniti, non per questo occorre essere severi con noi stessi perché solo quando riconosciamo l’essere (umano) fragile che è in noi possiamo essere pronti ad attraversare il buio e ritrovare la luce che credevamo non potesse più spuntare.

E in quel tenebroso dedalo in cui ci smarriamo torniamo a un antico legame che crediamo dimenticato, ritrovandoci figli di un Creatore che tesse le trame della nostra vita, a noi sconosciute, fino a quando non torniamo a riconoscere l’Artefice di tutte le cose nella quotidianità che ci circonda.

“Il sogno finisce all’improvviso” è questo, un romanzo incentrato sulla tensione delle relazioni umane, stilisticamente caratterizzato da una prosa diretta e asciutta nei dialoghi, a cui si alternano ricche e variegate digressioni teoriche fra le quali si cela una amara critica ai rapporti sociali contemporanei.