Manfred e Marina, burbero e solitario il primo, tormentata e fragile la seconda, sono i protagonisti di “Quando la notte”, libro edito dalla Feltrinelli pubblicato nel 2009, da cui la stessa autrice Cristina Comencini ha curato sceneggiatura e regia per l’omonima pellicola. A fare da sfondo alle vicende il paesaggio montano, geograficamente non identificato, che con le sue ripide e difficili salite, con i suoi lunghi e solitari inverni, tratteggia l’esistenza interiore dei personaggi, segnati da traumi del passato, angosce inconfessate e incomunicabilità.

Lui è nato e cresciuto in montagna e svolge la professione di guida alpina, lei è giunta dalla città per trascorrere un mese con il bambino Marco di circa due anni, nell’intento di rinvigorire il suo appetito e ristabilirne i ritmi del sonno. Marina affitta l’appartamento del piano superiore dell’abitazione di Manfred, arredato dalla moglie Lina che lo ha abbandonato portando con sé i figli. Marco non dorme, Marina è esausta, ma si ostina a voler far credere che la sua vita di mamma è sotto controllo. Una sera Manfred sente urla e rumori provenire dal piano di sopra, seguiti da un sospetto silenzio. Allarmato, bussa alla porta, ma la donna non risponde, allora si vede costretto a forzare la porta e la scena che gli si presenta dinanzi lo getta in un atroce sospetto, che la donna non sia in grado di accudire il proprio figlio. Soccorrerà il bambino e farà intendere a Marina di conoscere il suo segreto. Da quel momento fra i due inizia una battaglia silenziosa che ha come obiettivo portare allo scoperto l’uno le debolezze dell’altra. Finiranno entrambi stremati sul suolo delle emozioni, come due cuccioli ammansiti che si leccano le ferite a vicenda. Sempre più attratti l’uno dall’altra, il legame che intrecceranno fra loro non sarà mai trasparente e definitivo, così come solo fra due anime disorientate, alle quali la vita ha tolto le principali certezze, può purtroppo accadere.

L’autrice esplora gli angoli bui della mente di esistenze solitarie e spaventate, dilaniate da manie e ossessioni e lo fa attraverso uno stile asciutto e diretto, con la tecnica del monologo interiore attraverso il quale le riflessioni di Manfred si alternano a quelle di Marina. Il lettore viene così trascinato nel vortice di pensieri torbidi, che mettono a nudo i tormenti delle generazioni contemporanee, impreparate al loro ruolo di genitori. Abbandonato in maniera incomprensibile da sua madre quando era ancora un bambino, Manfred cova dentro di sé un odio viscerale per le donne che lo rende incapace di stabilire rapporti duraturi e sereni con l’altro sesso, nonché vittima di scatti d’ira, mentre Marina si porta addosso da sempre il peso di un senso di inadeguatezza. Bambina sognatrice durante l’infanzia, donna ammaliatrice da grande, oggi è una madre distratta che fa fatica a riconoscere il suo istinto materno. Perseguitata da ansie e paure, soffoca il figlio di eccessive attenzioni, impedendogli di vivere spontaneamente le proprie emozioni e di farlo crescere in maniera sana ed equilibrata.

La Comencini si addentra in un terreno difficile, quello della maternità, ribaltando i luoghi comuni che celebrano l’evento come un momento idilliaco per la vita di una donna. Facendo calare il sipario sul palcoscenico di autentiche paure, illumina antri bui e nascosti attraverso scene di cruda verità. Un libro che, seppur nel suo stile contemporaneo frammentario, rischia di confondere il lettore, fa riflettere sul fatto che forse non sempre i sorrisi lanciati dalle mamme che spingono i passeggini per strada siano poi così del tutto veritieri e che, dietro quegli occhi cerchiati, non si celano solo notti insonni, ma lunghi momenti di angosce e tormenti più profondi.