“Sangue di cane” è, allora, una storia di Amore puro, nascosto fra le pieghe del male, il fiore che cresce nel fango. Un amore che alla fine non concede sconti, ma permette alla protagonista di acquistare nuovo amore, quello dei lettori, che seppure non in linea con le scelte e prospettive di vita narrate, riconoscono la forza di cui è stata capace, del coraggio di essersi donata al mondo. Chi è Veronica Tomassini: Veronica Tomassini ha origini siciliane, umbre e abruzzesi. Nel 2010 esordisce con Sangue di cane, al quale seguono nel 2012 Il polacco Maciej, nel 2014, Christiane deve morire, nel 2017 L’altro addio, nel 2019 Mazzarrona, candidato al Premio Strega, nel 2020 Vodka siberiana. Il suo ultimo romanzo è L’inganno. Scrive per “Il Fatto Quotidiano” e “Pangea News”.“(…) incontrando te ho giustificato la mia presenza. Ti fornisco una bella metafora: io, ronzino con le ambizioni di un purosangue, un vero e proprio outsider in potenza. Ma ronzino nella sostanza. Poi, Grzegorz mi ha salvato. Devi saper leggere l’autentica sul nostro destino e ricapitolare. Vai fino al principio delle cose e mi dirai. Non siamo stati soli, Sławek, non eravamo, io e te, se non strumenti nella volontà di un pensiero superiore. Strumenti e servi l’uno dell’altro per arrivare al buon Dio, il Padre che non costringe troppo nelle tenebre, che promette nuove albe e ferma il braccio dell’empio, proteggendo i giusti, raccogliendo in grembo i sopraffatti e i frutti marci, noi. E perdonerà ognuno, abbi fede.”
Sangue di cane di Veronica Tomassini
Connie di Simonetta Caminiti e Letizia Cadonici
Dice questo Connie prima di lasciarsi andare al sentimento che prova verso Fadi, il giovane tuttofare egiziano assunto dai coniugi Taylor per sollevarli dalle incombenze quotidiane che rischiano di soffocare sempre più le loro anime prigioniere del silenzio a causa di un passato da nascondere e da dimenticare, all’interno di una sontuosa dimora nel cuore di Londra. Il presente è fatto di momenti solitari, quelli che Connie trascorre nella piscina racchiusa da enormi vetrate che la eclissano dal mondo esterno. Kurt Taylor, il noto regista e un tempo giovane attore prodigio “popolare sciupafemmine”, è oggi costretto su una sedia rotella a seguito di un tragico incidente. Trascorre la mattina a letto fino a mezzogiorno, succube di India, incubo delle sue notti senza sonno, alle prese con alcool e droghe. Al centro di questo incantevole e sentimentale graphic novel c’è la donna declinata in tutte le sue forme archetipiche: dalla Venere sensuale e creativa alla Estia custode del focolare domestico, dalla saggia e paziente Athena fino a una Artemide che scalpita come puledra ribelle, nei confini della sua anima prigioniera. L’arrivo di Fadi, con la sua giovane e indifesa figlia Rasha, è la brezza improvvisa che accarezza il nuovo desiderio di donna. Prendersi cura dell’educazione di Rasha incita in Connie l’istinto materno soffocato, e la musica che nella notte arriva dalla chitarra di Fadi ha il potere curativo di svelare nuove verità, consentendole di cogliere nuovi sprazzi di bellezza nella sua vita, arida di amore. Le briglie sono sciolte e l’anima fremente di Connie è finalmente leggera, libera di muoversi sulle note dell’imprevisto sentimento che Fadi inizia a donarle. Ma il principio di piacere soggiace a quello di realtà, infangata da invidie, sotterfugi e incomprensioni. Essere libera veramente per Connie significa sacrificare ancora una volta qualcosa di sè, perché in fondo anche lo stesso uomo che l’ha fatta rinascere non è ancora capace di comprendere cosa si agiti realmente in lei. Sarà necessario attraversare il dolore di una tragedia per poter ristabilire un vero equilibrio per i personaggi del racconto, perché questa storia esprime la sua potenza proprio nella struttura classica con cui è pensata e si sviluppa, ravvisabile non solo nei dialoghi contraddistinti da un linguaggio curato che raggiunge picchi di lirismo, ma anche nella scrittura scenica dell’intera opera. La prevalenza dei primi piani dei personaggi accentua l’intensità emotiva degli sguardi, resi graficamente da tratti netti ed essenziali, caricando le scene di potenza drammatica. Le scene degli incontri fra gli amanti sono caratterizzate dalla predominanza del blu intenso della notte, rischiarato dai bagliori lunari e delle stelle perché all’inizio le anime si incontrano in virtù del desiderio che li appaga con i sensi, ma poi questo non basta, dopo l’amore vuole essere conosciuto e, quando si svela il suo vero volto, l’anima fa il suo viaggio iniziatico per comprendere la sacralità del sentimento. Pur calata nella contemporaneità, la storia di Connie de Le Trame di Circe riecheggia dunque verità universali, in primis il dualismo del desiderio erotico: carnale e spirituale. L’intero racconto è pervaso da un pathos arcaico che si ravvisa nelle espressioni afflitte dei personaggi. Eros provoca sofferenza, quella che dilania Connie interiormente, divisa fra i due uomini. Nel triangolo amoroso si percepisce lo scontro fra il maschile e il femminile, quel movimento vitale necessario affinché l’individuo raggiunga un suo equilibrio, il contrasto fra due polarità che, in lotta fra loro, rischiano di volersi annientare l’un l’altro, ma che invece, nel momento in cui si incontrano nelle loro diversità, trovano pace. Kurt sente il peso della sua condizione di immobilità, il cambiamento subìto lo ha irrigidito non solo fisicamente, è smarrito e preda delle sue insicurezze, e manifesta la virilità attraverso l’aggressività e la mancanza di empatia. Fadi, invece, racchiude in sé le qualità femminili accudenti: è padre, è solitario, ha una spiccata inclinazione per la musica e osserva il mondo con uno sguardo interiore. Connie è l’energia che muove le due polarità, spetta a lei perciò il compito di riconciliarle, con il suo atto d’amore, imparando a non annullare la sua interiorità. Così come Lawrence nell’incipit de “L’amante di Lady Chatterley” metteva in guardia il lettore sulla tragicità dei tempi, quelli post bellici in cui l’individuo era portato a ricostruire un nuovo sé sulle macerie circostanti, esortando a “ vivere, non importa quanti cieli ci siano crollati addosso”, così Simonetta Caminiti regala la speranza nell’epilogo di una vita felice, a seguito di una battaglia feroce con il nemico interiore che troppo spesso rischia di paralizzarci nella nostra contemporaneità. Scheda del libro: Autore: Simonetta Caminiti e Letizia Cadonici Genere: Narrativa Casa editrice: Le Trame di Circe Pagine: 104 Prezzo: Euro 18,00 ISBN: 979-1280683090 Chi è Simonetta Caminiti Simonetta Caminiti è una scrittrice, editrice e giornalista. Autrice di un romanzo (Il Bacio), di varie raccolte di racconti, della sceneggiatura di un graphic novel (Diana, 1999) e di un saggio presentato alla Mostra del Cinema di Venezia (Senti chi parla, le 101 frasi più famose del cinema), scrive per Il Giornale e per periodici di Cairo Editore e Mondadori. Chi è Letizia Cadonici Nata a Roma nel 1991, diplomata alla Scuola internazionale di Comics, autrice per Bugs Comics, Star Comics, Beccogiallo e realtà editoriali italiane e internazionali, ha firmato i disegni di Diana, 1999 (con la sceneggiatura di Simonetta Caminiti) e ha illustrato interamente il graphic novel Connie (Dicembre 2021), per Le trame di Circe.“E io invece cos’ho?”
“Sicura di non avere proprio niente? Hai tutto, incluse le possibilità di liberarti da tutto… Hai te stessa.”
“Questa è la cosa peggiore di tutte, eh sì! Hai ragione! Non posso liberarmi da me stessa…”
Intervista a Clara Zennaro
Intervista a Sara Durantini
“Scrivo lentamente. Sforzandomi di far emergere la trama significativa di una vita da un insieme di fatti e di scelte, ho l’impressione di perdere, strada facendo, lo specifico profilo della figura di mio padre. L’ossatura tende a prendere il posto di tutto il resto, l’idea a correre da sola. Se al contrario lascio scivolare le immagini del ricordo, lo rivedo com’era, la sua risata.”
La recensione di Mi libro in volo a Annie Ernaux. Ritratto di una vita.(Annie Ernaux – Il posto)
“L’invenzione di noi due” di Matteo Bussola
Parliamo d’amore. Di quello che lega per sempre due persone: l’amore del sacro vincolo del matrimonio. Cosa siamo disposti a fare per mantenere salda la promessa fatta? Quanto e come amiamo in nome di quella promessa, ma soprattutto, siamo in grado di riconoscere cosa potremmo perdere nell’ostinazione dell’eterna promessa? «Quando ti prometti amore eterno non te lo immagini mica che arriverà un giorno, presto o tardi che sia, in cui la persona che hai scelto inizierà a disprezzare tutto, di te: la tua presenza nella stessa stanza, il tuo odore, il tuo respiro, il gocciolio che fai mentre pisci la sera prima di venire a letto. Ci eravamo detti per sempre, ora non riusciva piú nemmeno a guardarmi. Io, invece, di guardarla non avevo smesso mai.» L’invenzione di noi due di Matteo Bussola, edito da Einaudi nel 2020, racconta la potenza e il tormento che scatena un amore, in nome di una promessa, nella realtà di tutti i giorni, ai giorni nostri, giorni storti, incompleti e, spesso, incomprensibili. James Hillman ci ricorda: «Quando ci innamoriamo, incominciamo a immaginare; e quando incominciamo a immaginare, ci innamoriamo.» Accade ai giovanissimi Milo e Nadia, che si “incontrano” per la prima volta su un banco di scuola, dove senza vedersi mai, l’ultimo anno di liceo, si lasciano messaggi scritti a matita, il primo dei quali dice: “Chi sei?”. Inizia così un lungo e eccitante gioco di immaginazione. Milo la notte sogna Nadia senza averla mai vista, e infatti la ragazza nel sogno non ha un volto, ma lui sa esattamente come è fatta, grazie all’idea che ha di lei attraverso i messaggi che si scambiano. Sempre Hillman afferma: «Quando l’immaginazione si concentra intensamente sul carattere dell’altro, l’amore segue presto.» E Milo ama Nadia da subito, ma passeranno anni prima che i due potranno diventare realmente una coppia, e ancora anni prima che il loro rapporto inizi a vacillare, nel silenzio di parole che non vengono dette. « … per noi, la promessa che ci eravamo scambiati veniva prima di tutto il resto, addirittura prima dell’amore che l’aveva generata. Nadia ora non mi amava piú, ma sapevo che non mi avrebbe lasciato mai. Questo la stava condannando a un’esistenza di profonda infelicità. Per me era piú semplice, perché l’amore che provavo per lei e la promessa che le avevo fatto erano la stessa cosa.» Nadia e Milo finiscono a vivere in un appartamento che per la maggior parte del tempo è Nadia a occupare, presa dalla stesura di romanzi, che la spingono, negli anni, a rifiutare lavori stabili e duraturi, mentre Milo da subito sceglie di abbandonare la lunga ascesa professionale per diventare architetto, e lavora come cuoco. Nadia non ama l’appariscenza, veste in maniera semplice e stratificata, nascondendosi dietro maglioni larghi da uomo e lunghe sciarpe. Milo esce tutte le mattine, all’alba, per recarsi al mercato e scegliere le primizie per i suoi clienti, ma soprattutto per sua moglie, alla quale prepara cibi genuini e spesso elaborati per prendersi cura di lei. Per tanti anni il loro matrimonio si mantiene in bilico su questo equilibrio. Lei aspetta lui, e a sera si raccontano la loro giornata: lui legge e approva le pagine scritte da lei, lei ascolta cosa lui ha scoperto chiacchierando con i suoi clienti, con i quali dopo la cena si intrattiene a parlare. Poi, una sera, lei non lo aspetta più in piedi. Comincia a trascurare la casa e se stessa. Lui non si scompone, con premura si sostituisce a lei in casa, continua a sostenerla nella sua ambizione letteraria perché in realtà, nonostante quello che pensa, lui vorrebbe: «sognare invece una donna complessa, dalla sensibilità urticante e l’intelligenza brillante, una donna che mi comprendesse dallo sguardo ma con gli occhi velati da una perenne e indelebile malinconia contro cui nessuno, nemmeno io, avrebbe potuto fare niente mai. Una donna come Nadia.» Milo si ostina a portare avanti la promessa in nome di un progetto amoroso, un amore che dipende solo dagli sposi che, come dice la parola, appartengono l’uno all’altra, due individui che, rotti per le ferite subite in passato, imparano a ripararsi camminando l’uno accanto all’altra. Ma a volte questo non basta. Non basta se la ferita viene cucita e nascosta, dimenticata e mai più riaperta. Perché la vita, sempre, (ri)nasce dalla ferita. Milo e Nadia dovranno scendere nel loro Ade, un po’ come accade a Orfeo e a Euridice: esplorare le loro parti buie e le paure più inconfessabili. Perché per amare veramente bisogna prima imparare un po’ a morire. E per saper rinascere assieme i due innamorati devono essere più forti di Orfeo e Euridice, non voltarsi prima di aver capito cosa in realtà nasconde il desiderio che provano l’uno per l’altra. E l’unico modo che hanno è quello di tornare a immaginarsi. Milo decide infatti di scrivere un email a Nadia, fingendosi un’altra persona. Nadia decide di rispondere. Nascerà una corrispondenza sempre più fitta e intima che porterà allo scoperto verità nascoste per entrambi. È questo dunque il viaggio degli eroi de L’invenzione di noi due, un passaggio necessario all’amore per riscoprirne l’essenza. La loro corrispondenza diventa una sorta di iniziazione da esperire, dove le parti del maschile e del femminile sembrano invertirsi in nome di una ricomposizione verso l’Unità originaria di cui parla Platone nel Simposio. Milo ha da sempre rappresentato la parte accogliente, accudente e amorevole, Nadia la parte più istintiva, razionale e rigida. Raccontandosi nelle email che si scambiano, i due coniugi (ri)scoprono ruoli diversi, adottando nuovi punti di vista. «Era possibile che, nel tentativo di avvicinarmi a lei, io mi fossi perduto? Che il mio amore avesse inghiottito negli anni, come una nebbia, una parte di me che ero io a non voler vedere più? Forse era vero: nel tentativo di non ferirla, fin dall’inizio, non avevo fatto altro che nascondermi.» A raccontare l’intera vicenda è sempre Milo, la cui personalità da una parte ammalia per la sua dedizione assoluta, dall’altra perturba proprio per l’eccesso di zelo che nasconde in realtà qualcosa di oscuro, ovvero la non-conoscenza di se stesso. Nadia, dal suo canto, confessa al suo sconosciuto interlocutore: «Odio le sue carezze indecise e apparentemente casuali, il silenzio fra i nostri corpi che cela la speranza di un’iniziativa mia, il suo terrore nel gestire un eventuale rifiuto. Io non ho voglia di sentirmi sempre romantica, non ho voglia di essere sempre guardata con quegli occhi incantati, sono stanca che sia cosí arrendevole, cosí buono oppure cosí orgoglioso, alla somma dei fatti non c’è differenza. Non ho mai preteso che lui fosse l’eroe capace di guarire le mie ferite, e l’eccesso di riguardo mi soffoca quando sconfina.» Chi sono, allora, i veri Milo e Nadia? Quelli che affrontano le loro giornate ordinarie o gli autori disinibiti della corrispondenza virtuale? O forse sono semplicemente entrambe le cose in quel gioco che è l’amore che deve sapersi reinventare, riscoprirsi, ricucirsi, giorno dopo giorno? Proprio come dice ancora Hillman:«Questa è la storia di come mi sia riuscito di tramutare l’amore in cenere e poi la cenere, di nuovo, in amore.»
«I rapporti falliscono non perché abbiamo smesso di amare, ma perché, prima ancora, abbiamo smesso di immaginare.»
E può l’amore essere anche paragonato a un romanzo, come dice la stessa Nadia? «Scrivere un romanzo è come l’amore: l’ispirazione può avere la forma di una folgorazione iniziale, ma poi non procede per scatti brucianti, piuttosto si muove per passi lenti, sentieri tortuosi, e richiede una lunga, difficile fedeltà, mentre la storia man mano si viene formando.» E gli amanti, da sempre, nel tempo, non è forse vero che altro non fanno se non narrare la loro storia, costruendo trama, sequenze e dialoghi, in cui realtà e finzione non finiscono mai di fondersi? Scheda del libro: Autore: Matteo Bussola Genere: Narrativa Casa editrice: Einaudi Pagine: 216 Prezzo: Euro 17,00 ISBN: 978-8806242381 Chi è Matteo Bussola Classe 1971, è autore dei bestseller Einaudi Notti in bianco, baci a colazione, (2016 e 2018), tradotto in molti Paesi, Sono puri i loro sogni (2017), La vita fino a te (2018 e 2019), L’invenzione di noi due (2020 e 2022), Il tempo di tornare a casa (2021 e 2023) e Il rosmarino non capisce l’inverno (2022). Per Salani ha pubblicato il libro per ragazzi Viola e il Blu (2021). Conduce una trasmissione radiofonica su Radio 24, Non mi capisci. Tiene una rubrica settimanale su «F» dal titolo Uno scrittore, una donna. Sempre per Salani, nel gennaio 2023 ha pubblicato il romanzo sull’adolescenza e le sue fragilità Mezzamela. La bellezza di amarsi a metà.Il mio anno di letture al femminile
Ne ha parlato con devozione e analisi precisa, Sara Durantini nel suo appassionante libro, letto e recensito sul blog, la prima biografia italiana dedicata a Ernaux, dal titolo”Annie Ernaux. Ritratto di una vita” pubblicato da Edizioni Dei Merangoli a fine novembre. Non ultime, le rivolte delle donne in Iran e in Afghanistan che in questi giorni sconvolgono per l’atrocità delle scomparse di vittime coraggiose e l’assurdità del divieto alle donne di frequentare le università. Non a caso quest’anno ho potuto assistere a una mostra organizzata dal Centro Antiviolenza C.H.I.A.R.A. Onlus di Voghera dei disegni di Samshia Hassani, artista e attivista afghana che protesta contro la guerra con la sua street art ed esiliata per questo dal suo Paese. La sua protesta è tra gli esempi più contemporanei della forza divulgativa insita nell’arte e di come l’arte si tramuti in rivolta per urlare l’oppressione subita dalla cultura patriarcale. Un grido che non smette mai di levarsi da secoli, troppe volte inascoltato e messo a tacere, che questa volta resiste con l’appoggio coraggioso degli uomini delle nuove generazioni.“Forse il vero scopo della mia vita è soltanto questo: che il mio corpo, le mie sensazioni e i miei pensieri diventino scrittura, qualcosa di intelligibile e di generale, la mia esistenza completamente dissolta nella testa e nella vita degli altri”
“Donna non si nasce, lo si diventa.”
Annie Ernaux. Ritratto di una vita di Sara Durantini
E così, frugando nella sua memoria, indagando se stessa, libro dopo libro, confessione dopo confessione, emergono ora segreti di famiglia (la sorella nascosta del romanzo “L’altra figlia”) ora un sentimento di soffocato e profondo imbarazzo provocato dall’accanimento del padre verso la madre in cantina dopo un pranzo domenicale (“La vergogna)”, poi una adolescente fuori moda di fine anni ’50 nella colonia di Orne che scopre il sesso in maniera brusca e deludente (“Memoria di una ragazza”), la donna che riflette sul cambiamento epocale della condizione femminile (“Gli anni”) e, soprattutto, la fervente studentessa degli anni ’60 che si innamora e resta incinta, affrontando in solitudine una disumana esperienza di aborto raccontata con spietata persoicuità (“L’evento”).«al momento in cui ho la sensazione di non poter andare oltre in questa coincidenza (…) tra parole e cose vissute. Quelli che altri chiamano fallimenti nella vita, io li uso come materiale da esplorare per far emergere qualcosa che può essere accettato come verità.»
«Come si racconta il dolore? Esiste, forse, una declinazione della narrazione o il pudore blocca ogni superficiale descrizione e allora da dove iniziare? Da un luogo, una persona, una data, un indumento? È la stessa Annie a dare forma ai suoi pensieri più intimi.»
La stessa scrittrice che introietta sempre più la sofferenza, vergogna intima e pubblica, perdite familiari, un divorzio, la scoperta del cancro, calandosi in essa con assoluta trasparenza e, con onesta coscienza la sublima, rivendicandola, con riflessioni storico-sociali e politiche. La vita di Ernaux si dispiega attraverso la genesi dei suoi romanzi e il risultato è una storia che Sara Durantini plasma come un abile artigiano, rendendo ancora più reale a noi lettori l’amata scrittrice francese. Apprendiamo, così, il racconto delle più vite da lei vissute, perché ogni evento, di volta in volta, si compone di nuovi tasselli che ricompongono un mosaico sempre più ampio e sempre più completo. Ogni tessera, ricavata dalla memoria, compone una storia che da intima si fa collettiva, da privata diventa universale, secondo il potere trasfigurante della scrittura. Chi è Sara Durantini Sara Durantini, nata a San Martino dall’Argine (MN) nel 1984, è laureata in Lettere moderne e da giovanissima inizia a dedicarsi alla scrittura. Infatti vince l’edizione 2005-2006 per la sezione inediti del Premio Tondelli con il racconto L’odore del fieno e nel 2007 pubblica Nel nome del padre (Fernandel Editore). Partecipa alle antologie collettive di varie case editrici. Nel 2021 pubblica L’evento della scrittura. Sull’autobiografia femminile in Colette, Marguerite Duras, Annie Ernaux (13lab editore). Da oltre dieci anni scrive articoli per riviste letterarie online e cartacee.Intervista a Carla Ghisani
“Non so parlare dell’emozione
che mi esce dalle costole,
che spinge le ginocchia
nel salto verso il cielo.”
Prove di volo di Carla Ghisani, Les Flâneurs Edizioni – aprile 2022, è la raccolta di versi di una anima che si interroga, smarrita, dinanzi all’infinito, e che cammina, sull’orlo della vita, come una ape che bacia il suo fiore. Dalla durezza alla dolcezza, con la grazia del verso Carla Ghisani emette il suo sospiro per espandere i polmoni oltre uno sterno che preme sul cuore e rischia di imprigionare le parole. Parole che ottengono la massima libertà, forgiate da una penna che si libera del peso di un corpo, di materia quotidiana, di rumori cittadini, di frenesia contemporanea. Si aprono scenari nuovi, dove gli spazi si dilatano e le membra si sciolgono fino a diventare ali leggere. Un verso libero, sciolto, quasi selvaggio potremmo definire quello di Carla Ghisani, che esplode come un’urgenza e inonda il foglio di emozioni liquide e immagini icastiche, prevalentemente femminili, come l’acqua, la crisalide e le api, per citarne alcune. Scheda del libro Autore: Carla Ghisani Genere: Silloge poetica Casa editrice: Les Flâneurs Edizioni Pagine: pagg. 152 Prezzo: Euro 13,00 ISBN: 979-1254510667 Mi libro in volo ha deciso di fare quattro chiacchiere con l’autrice di Prove di volo per conoscerla meglio e approfondire il suo rapporto con la poesia.Ciao Carla e benvenuta nello spazio dedicato alle interviste di Mi libro in volo. Comincio subito col chiederti perché proprio la poesia per inaugurare il tuo esordio?“Rallenta il cuore/ e apre le vene,/ la poesia. Vive in ritardo,/ è un uncino/ che scava lo sterno,/ dal centro della terra/ alla stella polare./”
«Prima di tutti vorrei ringraziarti per la tua ospitalità, e per aver voluto approfondire, con le tue domande il mio punto di vista, sulla poesia. A parte i miei studi classici, al Liceo, non ho mai avuto una precisa formazione o seguito corso di tecnica di scrittura. Non ho mai avuto velleità né di pubblicare, né di voler scrivere qualcosa di strutturato, come un racconto o addirittura qualcosa di più corposo. Credo sia nella mia natura cogliere impressioni, più che seguire una logica stringente.La poesia ha la caratteristica di poter esprimere emozioni anche piuttosto complesse condensandole in poche frasi, in concetti sfumati, o precisi, a seconda del momento, dell’ispirazione estemporanea.»
“Prove di volo” rimanda a leopardiane memorie: l’anima sbigottita di fronte alla natura immensa e incomprensibile, e cerca spiegazioni al suo vivere. Ti capita che la poesia ti dia risposte? «No, non credo che dare risposte sia precisamente ciò che può fare la poesia. Credo che possa far riconoscere a chi ne è predisposto alcune similitudini, affinità del sentire: credo possa tessere ponti fra i cuori delle persone, far riconoscere sentimenti simili, seppur letti attraverso la personale percezione dell’esperienza che ciascun essere umano ‘interpreta’ e vive in modo unico, e spesso non univoco, attraverso le sue personali capacità e caratteristiche.»“La luna/ parla con voce sommessa/ a Venere,/alle nubi,/ alle stelle/, sorelle del mio destino,/ del cammino/ dei navigati esperti,/ alle mani solerti/ del vento. Alla sua carezza/affido il tormento/, l’amarezza/(che una divinità/la tramuti in grazia,/ in infinita dolcezza,/nel respiro/delle api).”
Questi versi, assieme ad altri, evocano immagini vicine alla poesia confessionale femminile di fine ‘800, in particolare fa pensare a Emily Dickinson. Chi sono le tue muse ispiratrici e che rapporto hai con i classici della letteratura? «Questo è il classico punto dolente, fra tutte le domande che si possa farmi.Non ho mai letto molta poesia, e non è una bella dichiarazione. Ho sempre odiato studiare secondo il metodo adottato ai tempi della mia ( peraltro non particolarmente brillante, della serie ‘e intelligente, ma non si applica…’ ) esperienza scolastica. Di conseguenza, il ripetere a memoria (memoria a me fortemente mancante anche se ho una certa memoria eidetica ) mi ha un po’ posto in odio gran parte della poesia scolastica. Ho letto frammentariamente poesia, fino a un libro delle opere complete di Montale che mi regalò mio nonno Giuliano. Quel libro mi è molto caro, ma cerco di non leggere troppe cose di altri autori, perché ho semplicemente una strana fobia di poter emulare involontariamente, per suggestione, lo stile di altri. Ed è strano che, per quanto cerchi di convincermi del contrario, questa resti una delle mie fissazioni più difficili da superare. A mia discolpa, credo dipenda dal fatto che reputo di essere una persona facilmente suggestionabile ( se apprezzo uno stile ) e anche un po’ insicura. Talvolta mi sento talmente in colpa, per questa mia fobia assurda, che cerco di agire di conseguenza, ma ben presto mi ritiro, come una chiocciola, nel mio mondo. È un modo per ‘proteggermi’, o proteggere l’originalità della mia ‘voce’.»“Non ci spiegano quanta forza serva,/ non lo dicono/ alle api/, ai fiori,/ che gli umani/ vivono mille sforzi/ vani/ e quanti/ sanguinosi dolori./”
L’immagine dell’ape ricorre spesso nei tuoi versi. Cosa rappresenta per te questo insetto? «Le api sono la summa del mio amore per gli animali. Sono esseri apparentemente insignificanti, dai quali dipende invece il nostro (quasi intero) ecosistema. Le api sono cellule viventi della natura, esseri che vivono come un organismo unico, coloro che impollinano e che ci donano bellezza, nutrimento, fiori e piante. L’essere cresciuta in un posto di campagna mi ha consentito di avere a disposizione tanto da vedere, e di cui fare un’esperienza fisica, corporea. La natura è la mia dimensione più spontanea. Ho bisogno di stare all’aperto per restare in contatto con me stessa.»“Il volo galleggiante/ delle api,/ quando carezzano i fiori/ e sondano l’essenza./”
Dalla luce all’ombra, i tuoi versi attraversano il chiaroscuro della vita, rivelando una particolare sensibilità verso la fragilità umana. Chi o cosa è per Carla l’uomo nero? «L’uomo nero c’è, esiste e fa parte di ognuno di noi. A mio modo di vedere coesiste in tutti, più o meno visibile e ‘pesante’. Poi, in determinate circostanze, talvolta anche senza motivo apparente, prende piede, ci riempie di timori o ci sovrasta. È un po’ il male di vivere, e chi non lo ha sperimentato, specie in questi tempi, tendenti a una inquietante oscurità…»“In fondo,/ sono sempre quella/ che non ha fatto niente/ per uscire/ dal ventre/ della madre,/ quella/ con una mano/ a opporre resistenza,/ che mai ha collaborato./In fondo,/ forse sapevo/ che la vita non è niente,/ che l’uomo nero/ esiste,/ incastrato in ogni animo umano./”
La poesia nella tua silloge si rivela anche memoria, che cattura un dolore e gli dà corpo. Oltre a comporre versi, svolgi una professione che ti porta a contatto con la sofferenza umana, con quel filo sottile, invisibile e misterioso, che unisce i corpi alla vita. Nei versi appena riportati si coglie la cupezza che ci ha assalito nel periodo della pandemia. Quanto ha influito per te la passione poetica in quei momenti? «Per le caratteristiche del mio lavoro, e per garantire continuità assistenziale, specie ai malati fragili, quali sono quelli oncologici, abbiamo continuato a lavorare, anche nel periodo dei primi Lockdown. Vedere una città che va sempre di fretta, come Milano, fermarsi, dover stare lontano dai miei cari per non portare a casa qualcosa di pericoloso, è stato difficile. Una sensazione alienante. Scrivere mi ha aiutato, come sempre, a limitare la portata dell’ansia, delle ombre. Ho scritto tanto, mi sono molto rifugiata nei miei pensieri. Credo che davvero esprimere quello che sentiamo, nei modi che ci sono più consoni, sia una mezzo per elaborare ciò che viviamo per come lo viviamo, per cercare di armonizzare la nostra realtà interiore con quella esterna, per cercare di farne combaciare almeno alcuni lembi.Nel mio caso, scrivere è una salvezza. È un modo di portarmi in salvo.»“L’ansia/ che mi assale in ospedale,/ sui treni/ i particolati dispersi,/ gli infetti./Ogni respiro,/ diventa una preghiera,/ quella strana chimera/ con cui/ non ho mai saputo che fare,/ io,/ che credo nella carne,/ nelle ossa/. (…) Questa città viva e cupa,/ in questi mesi si incrina,/ come se sulle spalle/ portasse il peso/ d’una balena./ E mi dispiace /adesso/ vedere tutti gli umani/ scaraventati/ nel mio mondo capovolto./”
Ti senti più aria o roccia? «Mi sento talvolta roccia, talvolta aria. Alla fine l’importante è capire che ruolo avere, che forma assumere, e come viverla, nel momento più opportuno.»“Ci sono/ persone fragili,/ fatte d’aria,/ che volano senza peso./E quelle solide,/ di roccia e pietra,/ le trattengono a terra,/ fanno/ da contrappeso./Le une/ han bisogno delle altre/ per ergere sogni,/ per disegnare/ vetrate di cattedrali./”
Nella tradizione poetica il sogno oscilla fra un ricordo passato e un afflato futuro. Per te cosa significa sognare in un’epoca incerta e confusa come quella che stiamo attraversando? «Sognare secondo me è quasi illegittimo, in questo periodo storico. È necessario, certo, ma bisogna cominciare a farlo tenendo i piedi per terra. Questa Terra che abbiamo davvero eccessivamente sfruttato, con una tracotanza che davvero mi lascia senza fiato. Abbiamo passato più di due anni a combattere per i nostri malati fragili, per queste persone, che ho avuto il netto sentire fossero giudicate ‘sacrificabili’ (anziani, malati, fragili, persone con co-patologie) e subito dopo si scatena una guerra come quella in corso. Credo sia ora di cominciare a sognare un mondo diverso. Dove cercare di tutelare il futuro (di tutti gli esseri viventi, non solo dell’essere umano) perché senza futuro non ci sono sogni.»“Al sogno./Che ci accompagni sempre,/perché le ombre esistono/solo perché esiste la luce.”
Concludiamo la piacevole chiacchierata con te con questi tuoi versi che trovo davvero incisivi per riassumere “Prove di volo”. La conoscenza nasce dallo stupore, dal continuo interrogarsi, dall’indagarsi, un uscire da noi stessi e entrare in noi stessi, un lavorìo che spesso stanca, ma che è necessario per uscire dal dolore. La poesia può aiutarci a (ri)trovare noi stessi? «La poesia è una strada, verso gli altri, ma soprattutto verso se stessi: è un suggerimento emotivo, si può sussurrarlo solo a chi ha desiderio di seguire un filo di Arianna, che riporti verso nuovi orizzonti aperti, verso qualcosa che sentiamo, profondamente, intimamente richiamare la nostra essenza più profonda.»“Perdere lo stupore:/questo, per me,/è il vero dolore.”
“Dove nascondo l’anima,
non so.
In un labirinto
fitto di siepi,
in piena luce.”
Nuova intervista a Romina Tondo, da Editore a Direttore di Galleria
Un piacere conoscere realtà così poliedriche, motivate e fonte di ispirazione creativa sul nostro territorio, in un momento di impatto così delicato sulla cultura, ma che non impedisce agli artisti di rinnovarsi e continuare a produrre perchè, come ha detto Picasso: “L’arte spazza la nostra anima dalla polvere della quotidianità.”
Era solo un selfie di Cristina Obber
E invece non è più possibile, ed è proprio nel frangente fra il prima e l’adesso che la tua vita resta impigliata in una rete fitta e oscura che ti trascina sempre più in basso. Ma, nello stesso tempo, devi affrontare la tua vita adesso, il punto in cui puoi ricostruire il dopo con la scelta che stai per fare e che determinerà il tuo futuro. Perché è in questo adesso che nasce la possibilità di un riscatto, quando impari a vedere le cose e le persone per quello che sono veramente. Succede ad Anita, quattordicenne, nei confronti di Ste, compagno di squadra, il suo primo grande amore, il ragazzo che l’ha tenuta per mano e l’ha sempre accompagnata a casa dopo la scuola, del quale si è fidata a occhi chiusi, la persona che l’ha fatta sentire importante, che è quasi sempre stato dolce nei suoi riguardi. Anita è vittima di un atto di revenge porn, il reato di diffusione non consensuale di immagini private perpetrato quasi sempre a danni delle donne. Una vendetta tipica del maschio verso la donna che lo allontana. Immaginiamolo ai danni di una giovane preadolescente, piena di vita, nominata capitana di una squadra di pallanuoto maschile, che nel cuore nasconde il grande dolore per la perdita della madre quando aveva solo sei anni. Era solo un selfie di Cristina Obber, Edizioni Piemme 2022, racconta questa storia, una, purtroppo, come tante oggi, sempre più frequenti fra gli adolescenti che, con un semplice click, possono cambiare la vita per sempre di un loro coetaneo. Perché sapere che un tuo momento intimo possa circolare in rete è come consegnare al mondo per sempre una parte di te, che non sarà mai come tu l’hai vissuta o immaginata, ma apparterrà agli altri che ne faranno la loro storia, una storia distorta. Ne uscirà una immagine completamente diversa di te, con il rischio che tu possa finire per identificarti in essa, sentirti sbagliato, sentirti colpevole.«Quando ti sembra che il mondo ti crolli addosso, vorresti solo che tutto tornasse come prima.»
Un male che arriva inaspettato per la giovane Anita, un male che si insidia dentro come un cancro che si nutre di ansie e paure, che la fa sentire responsabile di un atto di cui in realtà è la vittima, fino a quando il corpo non ce la fa più a trattenere ed esplode in attacchi di panico. Anita tocca il suo fondo, un fondo oscuro che rischia di non farle più vedere la luce attorno, se non fosse per la presenza costante dei suoi leali amici e della nuova compagna di suo padre, Michela, che la ama da sempre come se fosse sua figlia, una figura di rilievo nella storia che rappresenta quanto la vita sia capace di regalare nuove possibilità.«Perché la vita è così, anche se non fai del male a nessuno le persone possono farne a te. E tanto.»