La donna degli alberi di Lorenzo Marone - Feltrinelli, 2020
“Tra i rami dei grandi alberi mi sono arrampicato per guardare il cielo… con la loro frutta mi sono sfamato, con il loro legno mi sono riscaldato: a loro devo la mia
vita…”

(Mario Rigoni Stern)

E se gli alberi fossero esseri speciali, scesi sulla terra per nutrire, dare stabilità e, allo stesso tempo, insegnare a guardare in alto? All’interno, ogni albero brulica e freme di vita: scorre linfa che va dalle foglie alle radici, quelle che ondeggiano al vento e quelle che penetrano la terra. Gli alberi sono microcosmi nel macrocosmo che abitiamo.

Ogni albero sta e osserva, resta e resiste, cresce e sfiora il cielo.

Siamo abituati a osservare gli alberi lungo i viali di città, nelle stagioni più fredde, come braccia che ci proteggono il capo dalla pioggia, ci sollevano dal basso sul tappeto di strato di foglie. Ma è in montagna, nei boschi, che sentiamo gli alberi abitare il loro posto e sussurrare alla natura le loro storie.

Scheda del libro

La donna degli alberi di Lorenzo Marone

Autore: Lorenzo Marone

Genere: Narrativa

Casa editrice: Feltrinelli

Pagine: 224

Prezzo: Euro 16,00

EAN: 9788807034145

 

Lorenzo Marone, nel suo ultimo romanzo edito da Feltrinelli nel 2020, La donna degli alberi, si ferma e ascolta queste storie. Prende un lungo respiro e raccoglie tutto l’ossigeno possibile da un contesto che impone una pausa, una sosta dai luoghi e dalle troppe parole.

L’incipit è difatti una lettera della protagonista ai lettori e, come albero che perde le sue foglie, pian piano si alleggerisce. È un invito a svuotarsi, a lasciarsi andare prima di accingersi a una lettura che conduce nel mondo di una protagonista che non ha nome, non ha tratti fisici delineati, ma che vive attraverso i suoi pensieri, i passi, il lavoro manuale, gli incontri del bosco.

Attorno a questa donna si animano presenze, giunte a lei come per magia, sembra quasi sia lei stessa a invocarle: la volpe selvatica, che da diffidente si fa sempre più vicina, il gufo che ammonisce durante la notte, la ghiandaia che saluta il giorno, la Guaritrice che lenisce, la Rossa che nutre, la Benefattrice che sostiene, lo Straniero che ridona fiducia e coraggio, e che al contempo insegna perdita e dolore.

Dall’incipit:

“Sono stata donna in fuga. In me c’era l’inquietudine della partenza, la vulnerabilità del sopravvissuto, camminavo con il passo spezzato. Mi costruivo le ritirate che non ho preso, ho accettato gli allontanamenti che non ho scelto, ho accolto chi è entrato nella mia vita per evadere dalla sua, sono stata fuggiasca e non vincitrice, rincorsa ma perdente. Ora inseguo l’amor proprio, coltivo il piccolo ambizioso progetto di non restare dove non c’è amore. Mi ritaglio lo spazio per ripassare le mie mancanze, e mi affanno a farmi trovare preparata spettatrice del minuscolo che accade. Mi propongo di mantenere inviolata la fame di vivere pienamente. In armonia con quello che c’è, con chi c’è. Cerco la fede senza fede. Lascio la mia vita, per costruire un nuovo pezzetto di terra da abitare, da seminare e far fiorire. Imparo a stare, senza rimpianti, senza voler essere continuamente altrove. Questo è il mio onesto patto da onorare. Il mio piccolo contributo.”

La donna è in fuga dai rumori e dalla frenesia della città, per trasferirsi nell’isolamento montano, nella baita in cui un tempo ha trascorso la sua infanzia con i genitori, dove trascorrerà un lungo anno, dall’autunno alla fine dell’estate. E nella solitudine con cui impara a convivere, le figure genitoriali le appaiono come fantasmi benevoli che le sussurrano ricordi, immagini e sensazioni che nel presente per lei si caricano di nuove consapevolezze.

“È un dolore strano il ricordo, è abbraccio che toglie l’aria, carezza che graffia, è immaginazione senza via di fuga, c’è anche quando sembra non esserci.”

Nel lungo anno trascorso in montagna, la donna mette radici in quella terra impervia, fondendosi, stagione dopo stagione, alla natura stessa, scoprendo il miracolo della vita che la natura contiene e che l’uomo ha eclissato, schiacciato da dolori e miserie.

“Penso alla farfalla, che si posa sul fiore e agita piano le ali per prendersi il calore del sole che l’aiuterà a volare per il resto del giorno, fra boschi e sopra i ruscelli, in cerca dell’unico atto d’amore prima della scomparsa silenziosa in un ciuffo d’erba, dentro un campo fiorito che canta incessante. (…) Stolti come falene, attendiamo la notte e teniamo chiuse le ali, perdendoci tutto il cielo che c’è.”

La donna degli alberi di Lorenzo Marone è un ritirarsi per ritrovarsi, è una storia la cui trama si nutre di silenzi e di pause. Racconta di uno sguardo stanco e di un cuore vuoto che imparano a illuminarsi e a riempirsi, di passi stanchi che riempiono vuoti, di braccia asciutte che accolgono sorgenti di vita.

“Un piccolo fiore a dirmi che viviamo tutti senza futuro, e che il nostro compito primario è attendere il sole che verrà, per aprire ancora un giorno la corolla.”

Come nelle fiabe

I personaggi che circondano la protagonista della storia sembrano uscire dalle fiabe. Presenze silenziose, appaiono all’improvviso, elargendo doni inaspettati alla protagonista.

Dalle sembianze di strega, la Guaritrice in realtà ha movenze di fata. Con discrezione, ricurva e muta, la donna ricuce le ferite e rianima dal dolore con sguardi, abbracci e pozioni. La Rossa invece è la mano benefica che la sostiene, con gesti sicuri, la Benefattrice dona i frutti della terra e sfama il vuoto di vita. Lo Straniero, invece, turba con il rosso della sua giacca il paesaggio candido e innocente, l’angolo di cuore che la donna protegge e nasconde. L’uomo sogna di piantare abeti sul versante nord della montagna nell’intento di sostenere la terra e ridarle vita, si fa madre che con forti braccia vuole proteggerla e darle forza, affidando a lei tutto il suo coraggio. E fa lo stesso con la donna che si rifugia lassù in montagna, che lui cerca con lo sguardo, che le mette “a posto un ciuffo di capelli in burrasca col gesto posato di chi sa dosare la forza, dell’artigiano che si prende cura dei dettagli della sua opera.”

La protagonista si muove tra i monti e le valli, circondata sempre dagli alberi, intorno a lei e lungo i fianchi scoscesi della montagna. Si addentra nei boschi, la zona d’ombra da affrontare, il luogo in cui gli eroi incontrano nemici e creature magiche, il posto solitario dove essi si misurano con se stessi.

“Da quando c’è il Cane, la Volpe viene molto di rado.”

Anche le presenze animali si caricano di una forte valenza simbolica, sono compagni immaginali. La volpe, selvatica e non addomesticata, si avvicina lentamente alla baita della protagonista e ogni volta si fa messaggera di nuove prese di coscienza. Secondo alcune tradizioni orientali, la volpe ha il potere di tramutarsi, specialmente in donna, per altre tradizioni occidentali si fa messaggera fra il mondo dei vivi e dei morti, e soprattutto non dimentichiamo che è una volpe che funge da maestra di vita per Il Piccolo Principe, insegnandogli che “l’essenziale è invisibile agli occhi.”

Oltre alla flora, dunque, anche la fauna si fa veicolo di consapevolezza per la donna. Osservando con il cuore, scopre la potenza delle immagini che la circondano:

“Dalle vacche ho imparato la compostezza nello stare al mondo (…) In loro rivedo ancora oggi mia nonna, o quelle come lei, anime timide che sapevano attendere e che però si sono consumate lentamente nell’ignavia, divorate da dentro dalla paura e da insegnamenti scorretti. (…) E mi chiedo quando davvero arriverà l’insurrezione delle donne, quando anche questi grandi bovini, e gli animali tutti, torneranno a prendersi le loro vite liberandosi dall’uomo.”

L’Anima ne La donna degli alberi

“Se ognuno di noi avesse il garbo del fiore, che regale sta a lasciarsi fecondare, se ci limitassimo a cospargere di bellezza il nostro pezzetto di mondo, se lasciassimo al vento la decisione delle cose e ci limitassimo a fiorire nella vita.”

Con il personaggio de La donna degli alberi, Lorenzo Marone esprime la sua parte Anima, l’energia archetipica del femminile. Attraverso la sua ultima protagonista, l’autore si lascia guidare nel suo mondo interiore vivificando l’immagine di Madre Natura. Tutto vibra di Anima nel romanzo, dalla madre terra che accoglie e sconvolge, dona e toglie la vita, alle comparse femminili e animali che accompagnano la protagonista nella sua ricerca di nuove leggi, nuovi ascolti, nuovi miracoli. E per questo non si poteva che scegliere un diario intimista, sostenuto da uno stile poetico che si fonde al flusso della narrazione come l’acqua fa con la terra.

Lorenzo MaroneChi è Lorenzo Marone

Autore dei romanzi La tentazione di essere felici (Longanesi, 2015), 18 edizioni in Italia, Premio Stresa 2015, Premio Scrivere per amore 2015, Premio Caffè Corretto – Città di Cave 2016, che ha ispirato un film, La tenerezza, con regia di Gianni Amelio, La tristezza ha il sonno leggero (Longanesi, 2016), Premio Città di Como 2016, Magari domani resto (Feltrinelli, 2017), 8 edizioni, Premio Selezione Bancarella 2017, Un ragazzo normale (Feltrinelli 2018), Premio Giancarlo Siani, la raccolta Cara Napoli (Feltrinelli, 2018), due edizioni, Tutto sarà perfetto (Feltrinelli 2019), il saggio per Einaudi Inventario di un cuore in allarme (2020), e La donna degli alberi (Feltrinelli 2020). Nel 2021 ha pubblicato il racconto Il bosco di là all’interno della collana “Il bosco degli scrittori” di Aboca Edizioni. Tradotto in 17 paesi, cura la rubrica domenicale (I Granelli) su ‘La Repubblica di Napoli’, collabora con TuttoLibri de La Stampa e Il Venerdì di Repubblica. Dal 2018 è direttore artistico della fiera del libro di Napoli “Ricomincio dai libri”. Dal 2021 dirige, inoltre, la collana di letteratura italiana di Marotta&Cafiero editori.