Verrà qualcuno a salvarti di Pablo T

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Con una scrittura che fustiga e accarezza, tra crudo realismo e suggestivo simbolismo, Pablo T racconta il dramma del tormentoso destino di due anime alla deriva.

“Un potenziale suicida e una ragazza uccisa dalla vita, lì, a girare senza un motivo, a delirare come farebbero i pazzi, i poeti. Senza un perché, senza un fine.”

Può un solo uomo salvare l’intera umanità? La domanda da porsi è, prima di tutto, desidera realmente l’umanità intera farsi salvare? Da chi, da cosa? O forse non è in grado di rendersi conto di essere in pericolo? Eppure c’è chi si ostina, nonostante la ripugnante visione di una collettività alla deriva, a voler credere, nonostante l’apparente cinismo e l’abulia a cui conduce l’aridità emotiva sociale, che dietro il paravento di un teatrino dell’assurdo, ci sia ancora qualcosa che vale la pena recuperare. Andrea Du Preux, protagonista del romanzo “Verrà qualcuno a salvarti” dello scrittore Pablo T, edito nella nuova edizione dalla casa editrice Letteratura Alternativa, è un poeta maledetto, che porta il peso della bestia sulle spalle, perennemente in viaggio, che in una notte stellata approda in un posto sperduto, abbandonato dal mondo, Porto d’Oblio.

Sin dalle prime pagine è palpabile l’atmosfera simbolista che pervade tutto il romanzo. Andrea è denominato lo straniero, non si sa da dove provenga, né dove abbia intenzione di andare, non appartiene ad alcun luogo fisico, le radici che contano sono quelle dei ricordi e delle cicatrici dell’anima. Anche dai tratti somatici non è possibile cogliere una precisa identità etnica, Andrea Du Preux è un vagabondo, solitario e squattrinato, che incarna la figura ibrida dell’Eroe moderno, in perenne conflitto con se stesso, risucchiato dalla sua duplice natura, diabolica e angelica al tempo stesso, egli è, dunque, l’immagine di tutti gli uomini in tutti i luoghi.

Pablo T con“Verrà qualcuno a salvarti” si classifica nel 2016 al secondo posto (Premio Speciale) del Premio letterario “Un libro per il cinema” (legato al Festival del cinema) superando “La casa delle signore buie” di Pupi Avati.

Quello che Andrea ha con la vita è un rapporto tormentato, di odio e amore: odio per l’indifferenza, l’ingiustizia e l’ipocrisia alle quali l’uomo si è prostrato, e amore per la speranza mai sepolta di intravedere una via di uscita dai falsi ideali a cui l’umanità si è venduta, perché “appena nasce… l’uomo è libero, poi iniziano l’emulazione di altri uomini, l’eredità del sistema, le regole generazionali, gli standard qualitativi, la rincorsa al denaro… ed ecco che l’uomo diventa gente.” Di lui si scopre da subito che è uno scrittore, che si fa portavoce del malessere dell’umanità, è l’attore paralizzato sul palcoscenico della vita e la parola diventa l’unica arma d’azione.

“Ogni scrittore dovrebbe essere una porta sulla fuga, un prete matto, un passaggio della strada polverosa: tutto questo insieme.”

Porto d’Oblio diventa allora la tappa ideale per quello che ha deciso sarà il suo ultimo giro di giostra. Disilluso e deluso dalla visione di una collettività alla deriva, che di umano ormai ha ben poco, nelle sue peregrinazioni solitarie sulla spiaggia libera al vento i suoi pensieri, nasconde al buio della notte le sue fottute paure, rischiara all’alba le sue promesse mancate. Ma la vita è un’astuta meretrice, che vende la sua ennesima vittima per una nuova scommessa in una bettola che, attraverso le esalazioni del suo fetore, nasconde la vera ricompensa.

Hotel Hiroshima è la pensione fatiscente in cui soggiornerà Andrea, gestita da Cloe, madre dal fisico avvenente e l’anima sbiadita che ha da poco superato la quarantina, assieme alla figlia sedicenne Eva, dall’animo tormentato. Vittima di violenze da parte del padre, fra i silenzi materni, Eva si porta la morte dentro. Nel romanzo si affronta, infatti, un tema sociale scottante, quello della violenza domestica, perpetrata fra le mura silenziose di un’omertà contro natura. Cloe è consapevole di quello che accade a sua figlia, ma finge di non vedere, vittima ella stessa di una prigione emotiva che le impedisce di ribellarsi, in primis a se stessa, a una vita insoddisfacente, di cui non è pronta a prendere coscienza.

Tradita e maltrattata, nel fisico e nell’anima, dalle due figure più importanti della sua vita di bambina, Eva è la piccola tentatrice di vita, che divide corpo e anima con i suoi demoni interiori. Vende il suo corpo ai clienti della locanda credendosi libera di poter disporre di se stessa senza aver più niente da perdere. E intanto le ferite riaffiorano in quei giochi perversi di violenza che impone al suo corpo. Dotata di una sottile intelligenza, sintomo di una sensibilità d’animo violata dal disincanto di una esistenza ingiusta e avara di amore, si lega subito allo straniero venuto dal mare che ha bussato alla porta della sua miserabile vita.

Eva e Andrea sono l’esempio dell’incontro di due solitudini divorate da un vuoto interiore, dissacrate dall’odio per il genere umano, che si attirano e si respingono in un andirivieni di emozioni forti che ora spingono verso gli scalini più alti che conducono al Paradiso, ora premono verso il basso di un abisso di inevitabili sofferenze. Così, nella nebbia che avvolge la spiaggia di Porto d’Oblio, Eva travolge con le parole Andrea: “Dimentica straniero (…) respira le nuvole e piacevole accogli la deriva, bacia l’abisso e cadi dalle ciglia, come occhi che rotolano, come vita che, infine, si racconta.” Ogni volta che Andrea tenta di porre fine alla sua vita, appare Eva con le sue suadenti e perturbanti parole sulla Vita che lo fanno desistere.

“Quanta meraviglia c’è nello sbadiglio di un bambino, nella pioggia di luglio, in una frase inventata, in un abbraccio improvviso. Quante meraviglia c’è nel fresco delle chiese, in un Cristo che non accetta offerte e muore, in una chiacchierata tra un cartone e un uomo che ha perso casa e affetti. Quanta meraviglia c’è in una tela bianca, nell’aria umida del mattino, in occhi che raccontano e labbra che tacciono, in un whisky liscio, in un suicida che prega, in un treno che corre, in una parola che salva e in un’altra che uccide… quanta meraviglia c’è.”

Eva cerca di farlo capitolare di fronte alle sue avance, ma Andrea non cede, in fondo sono figli della stessa costola incrinata di quell’esistenza che ha mandato alla deriva le loro anime. Entrambi non possono che legarsi ai loro simili, ai quali porgere la mano per lasciarsi condurre verso un sentiero più sicuro. Così, per Eva ci sarà un miracolo inaspettato ad attenderla e Andrea farà i conti con il suo duro passato, segnato da incontri e perdite importanti, pronto a salpare verso un nuovo porto.

“Ci sono cose che succedono e altre che fai accadere, le prime non le puoi governare, ma le seconde possono essere la salvezza della tua anima o la tua eterna dannazione.”

La salvezza, allora, arriva da chi meno te lo aspetti, lì dove non sorge il sole, dove l’Amore è violentato dall’Indifferenza e la rabbia trattiene slanci di speranza. Ma è quello il posto in cui c’è ancora mare, che circonda, con le sue braccia di bacino senza fine, le esistenze di un’umanità smarrita. Lì ogni uomo sosta alla deriva sulla propria spiaggia, ad osservare il flusso della vita, senza mai trovare il coraggio di seguirlo veramente. Sarà colui il quale imparerà a guardare gli abissi che saprà riconoscere una nuova speranza, in grado di alleggerire il peso che ogni giorno aumenta sulle sue spalle, a ogni passo della sua ancora sconosciuta e sorprendente occasione che la vita regala. E c’è ancora mare …

“Non c’è rivoluzione più grande dell’amore, perché lì dove arriva…niente è mai più come prima.”